“Compie diciotto anni. Mio figlio grande compie diciotto anni. Sono madre di un ragazzo maggiorenne, ti rendi conto?”
Siamo nella galleria di un grande centro commerciale, dove sono entrata per comprare l’unica pappa che il giovane e nobile micio si degni di mangiare.
A parlare è una donna mia amica, mamma di quattro figli. Mi racconta dell’imminente compleanno del primogenito con un misto di orgoglio e incredulità, reggendo fra le mani una grossa scatola con un ferro da stiro che immagino non sia destinata al neo diciottenne. Lei è bionda, esile, gli occhi azzurri su un profilo perfetto. Nessuno guardandola crederebbe mai che quei quattro li abbia davvero partoriti lei. È così bella da attirare sguardi e scatenare invidie, ma così simpatica da farle passare subito. Di quella bellezza struccata e inconsapevole che la mattina nello specchio mostra difetti che non vedrà nessun altro.
Ci siamo conosciute all’asilo, non il nostro ma quello frequentato dalla mia seconda e la sua ultima figlia. Ci siamo riconosciute nella confusione di una famiglia abbondante, nelle corse allo scuolabus o al catechismo, negli sbagli quotidiani e le fatiche della genitorialità. Abbiamo coltivato timidamente questa conoscenza tra un accompagnamento e l’altro, fuori da una scuola o dentro una palestra per un saggio. Come spesso tra donne accade, abbiamo camminato sul crinale comune dell’ambivalenza materna, della frustrazione e della stanchezza.
Ora lei fatica a realizzare questo importante e simbolico passaggio del figlio maggiore, e io la capisco. Perché mi stupisco di ogni nuovo passo verso l’autonomia dei miei, di figli. Perché la crescita è piena di prime volte, per loro e per noi. Perché loro diventano grandi, e forse un po’ di più anche noi. E allora auguri al giovane diciottenne e alla sua incredula mamma: in fondo diventa maggiorenne anche lei.