“Non è possibile, davvero. Mannaggia. Proprio a me doveva capitare, me tapino. Siamo in trecento dico io, trecento! Perché proprio a me?”
“Ehi, che succede? Ti ho lasciato poche ore fa felice come una Pasqua e ti ritrovo affranto e sconsolato. Sorridi come l’urlo di Munch”
“Sono nella squadra dei gialli, ecco cosa c’è”
“Non capisco, cosa c’è che non va nell’essere con i giall..”
“Mamma evviva! Sono in squadra con mio fratello! Le quinte e le medie stanno insieme! Guarda qui come sto bene col cappello giallo”
“Ah, capisco”
“Mamma mamma mamma eccomi qui! Mi sono divertita tantissimo”
“Oh piccola meno male! Proprio tu che non ci volevi venire e hai fatto tutte quelle scene! Visto che mamma aveva ragione, si sta con gli amici e si fanno tanti giochi tutti insieme”
“Si mami avevi ragione tu: è bellissimo. Stamattina abbiamo ballato le canzoni dell’estate, Andiamo a comandare e Alvaro Soler, e la musica era altissima! E poi le mie animatrici di chiamano Benedetta e Letizia, ma preferisco Benedetta perché ha l’iPhone 6. Però Letizia ha dei capelli bellissimi. Posso avere un euro per il gelato di pomeriggio?”
La prima mattinata di oratorio feriale è scivolata via così, tra depressioni e entusiasmi. Con una bimba convinta di essere sbarcata a Ibiza invece che in parrocchia. Un fratello che non trova pace nel dover condividere il colore della squadra con la sorella più prossima, una mezzana che gode perfidamente del disappunto fraterno.
Certo è che far convivere trecento tra bambini e ragazzini in pantaloncini e maglietta per tutte quelle ore non deve essere impresa da poco. Forse ci vuole davvero un miracolo.