La scienza e la psicanalisi lo confermano: la passione amorosa dura sei mesi. Trascorso questo tempo si consolida trasformandosi in sentimento duraturo o ci abbandona lasciando spazio a nuovi amori.
Non so quanto queste teorie corrispondano a verità ma so per certo che, se sei un maschio preadolescente, sei mesi è effettivamente il tempo medio di durata della passione. Di gioco, si intende. Eravamo rimasti al periodo da prestigiatore, con trucchi, magie, pellegrinaggi ai più famosi rivenditori di carte nazionali e stranieri e ore di video tutorial. E’ finita, o almeno così pare. Il primogenito nega, affermando di essere quasi pronto per il trucco della sua vita, che io sempre più temo si tratti della sparizione delle sorelle. La triste realtà è che il suo cuore -come quello di altre migliaia di ragazzini- è stato catturato dal gioco del momento, un combattimento virtuale con un nome altisonante: Clash Royale. La mission del gioco è tanto chiara quanto ovvia: combattere. Ci si confronta nelle arene, che diventano più cupe e infuocate mano a mano che si avanza di livello. I personaggi che popolano questo allegro mondo virtuale sono elfi, goblin, giganti e draghetti volanti. Tra i giocatori spiccano Martonno, Iulk, Blackmamba e Vedova. Il primogenito va in battaglia col nome di Re Barbaro. La vittoria sull’avversario assicura l’ottenimento dei fondamentali bauli. Nei bauli sono contenute le carte (tanto per cambiare) che possono essere comuni, epiche e leggendarie. Inutile dire che per ottenere le ultime bisogna giocare ore e ore, che a tre minuti per volta -tanto dura una battaglia- fanno la vita media di una farfalla monarca. Si gioca su tablet, smartphone, computer e probabilmente si potrebbe anche col forno di casa, connettendolo a una linea wi-fi. Il gioco è apparentemente gratuito, se non contiamo l’acquisto delle gemme che possono azzerare il credito telefonico nel tempo di un respiro.
Ma la vera battaglia è fare smettere il figlio di giocare. Che è, per me, una battaglia persa. Soprattutto dopo avere scoperto che, a capo di un fortissimo clan, c’è Gnagnaman, mio compagno alle scuole medie. Insomma, un cerchio che si chiude. Per i prossimi sei mesi.
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