Io non sono mai stata una tifosa vera. Forse neanche finta, a ben guardare.
Se penso al tifo la prima cosa che mi viene in mente è la malattia infettiva, mica i cori e gli striscioni. Io sono quella che ha tradito generazioni di fede bianconera quando andava in prima ginnasio, e ogni mattina il pullman della società faceva scendere davanti alla scuola le future promesse di Milanello. Abbagliata da tanto splendore, ho abbracciato la fede rossonera incurante delle proteste e del dolore di mio padre, juventino da sempre. Tuttavia non sono mai riuscita ad appassionarmi fino in fondo a una partita, di qualunque sport, serie o campionato fosse. Per me negli stadi si fanno i concerti, I mondiali mi annoiano, figuriamoci i tornei di mini volley, mini basket o palla rilanciata dei miei figli, ai quali naturalmente non posso mancare.
Questo fino allo scorso sabato, che mi ha visto impostare il navigatore della macchina subito dopo un pranzo frettoloso, per portare lo sportivo di famiglia alla partita. Sede dell’incontro, un grigio palazzetto dell’hinterland milanese.
Una partita iniziata fiacca ma trasformatasi in fretta in match infuocato. Lui, il giovane giocatore di basket, che siamo abituati a vedere sempre un po’ timoroso e nelle retrovie, ha segnato due canestri di fila, riportando la squadra in vantaggio. Vantaggio che poi i baldi giovani hanno mantenuto fino alla fine, in un estenuante testa a testa.
Le sorelle, che non si perdono una partita ma hanno ricevuto il divieto da parte del fratello di incitare, esultare e pronunciare il suo nome invano, si sono lasciate andare a un urlo di trionfo come se avessimo vinto la finale Nba.
L’infortunata ha sollevato le stampelle al cielo come Cannavaro la coppa del mondo quella sera a Berlino, sorridente e esultante. C’è mancato poco che dovesse intervenire la sicurezza a impedire l’invasione di campo alla piccola. Siamo tornati a casa canticchiando “we are the champions”, dimenticando di accendere il navigatore e perdendoci di conseguenza.
Ma che importanza può mai avere qualche chilometro in più tra le brume della provincia, quando si è finalmente acceso il sacro fuoco del tifo nel cuore.
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