
Nonostante l’esperienza sul campo, la laurea magistrale, le formazioni continue e gli aggiornamenti, il lavoro coi minori, ancora mi perdo nel variegato universo adolescenziale.
Vacillo, quando trovo il primogenito che legge -sua sponte- Pirandello e un momento dopo rutta in videochiamata con minchia bro, bella fra, gli amici di sempre.
Annaspo, quando la mezzana scrive un pezzo come compito di diritto senza copiarlo da Google, in cui analizza l’articolo 4 e cita Marx, e l’attimo seguente urla a sua sorella “chi si tocca il naso prima non sparecchia”.
Barcollo, quando la piccola osserva e racconta dinamiche adulte e complesse, mentre la sera mi costringe alla perpetua visione dell’opera omnia di Pixar.
Io osservo e mio malgrado partecipo, ché per quanto disorientata resto l’adulto di riferimento.
Perché ho voluto la bicicletta e ora tocca pedalare, dicono.
Ecco, solo un appunto.
La bicicletta l’ho voluta, ma mica era chiarissimo che avrei dovuto pedalare tra discese ardite e le risalite. Che poi, la bici la puoi sempre parcheggiare in garage se capisci che non fa per te, la cyclette la copri di vestiti e il tapis roulant può restare in salotto a prendere polvere.
Minchia, bro.