
Sono una madre attenta, partecipe, accorta.
Osservo, valuto, analizzo, confronto, scruto, origlio.
Faccio la madre, una forma legalizzata di stalker.
L’adolescenza simultanea dei miei tre figli mi ha messo di fronte a una evidenza empirica: soffro della sindrome di Willy il coyote.
Come il famoso canide, io rincorro.
La mia è una pedagogia dell’inseguimento.
Perché cerco risposte, mi cullo nell’illusione che sapere le cose mi darà un minimo di controllo e non sarò travolta dagli eventi.
Tutte balle, pedagogicamente parlando.
I tre, indomiti Beep Beep, non solo riescono regolarmente a sfuggirmi, ma ridacchiano garruli guardandomi schiantata giù dal dirupo.
Ho cominciato a capire, dopo diverse cadute, che non conviene inseguire un adolescente. Sarà sempre più veloce di te.
Bisogna essere saldi, seduti, pazienti.
Prima o poi, in un modo o nell’altro, se sono consapevoli del tuo sguardo su di loro, si lasceranno avvicinare.
Alla fine, dopo l’ennesimo inseguimento anche il povero Willy riesce a catturare il suo Beep Beep.
Peccato che si sia diventato talmente grande che non riesce più a mangiarselo.