Terceira è la terza isola scoperta nell’arcipelago.
È la più mondana delle nove, anche detta “il parco giochi delle Azzorre”.
E infatti tutta vita, se consideriamo che in questi due giorni abbiamo incontrato più mucche che esseri umani, percorso strade senza altre automobili e trovato posto al ristorante più ambito senza prenotare.
Se qui c’è la movida, nelle altre isole rischiamo di essere soli.
Nel parcheggio vicino all’arena -qui i tori sono una cosa seria e le corride numerose- abbiamo osservato uno sparuto gruppetto di galline cacciare una schiera di gatti a suon di beccate. Ci fosse stato Sepulveda avrebbe scritto la gallina e il gatto, con buona pace della gabbianella e del felino che le insegnò a volare.
Il nostro bed and breakfast sembra gestito dalla famiglia Addams.
Pareti nere, soffitti neri, inquietanti statue -nere- disseminate qua e là, giusto per spaventarti- e un bagno dove tocca scavalcare il water per entrare in doccia e non si riesce a sedersi per fare la pipì, perché l’asse confina direttamente col muro.
Nei ristoranti si mangiano cose buonissime a prezzi giusti, e ieri sera abbiamo assistito a uno spettacolo folcloristico di canti e balli tipici, che ha riunito tutti gli abitanti dell’isola in un palazzetto.
Il tempo è mutevole come l’umore della piccola, le quattro stagioni si susseguono ogni mezz’ora.
L’oceano è tutto intorno, e fa un certo effetto pensare di essere a metà strada tra due continenti.
Qui di gira, si cammina, si è molto, molto felici.