Ha fatto un corso per cinque domeniche di fila.
Non che ne avesse bisogno, ma era condizione necessaria e sufficiente per la nomina.
Ha affinato le tecniche di gioco all’aperto e al chiuso, con la pioggia e il sole. È stato addestrato a riconoscere situazioni di rischio e a prevenire conflitti e insubordinazioni.
Ha allenato lo spirito di osservazione e la comunicazione autorevole.
Si è preparato per tutti i possibili scenari, dal più lieto al più infausto.
Ha fatto training autogeno per ritrovare la calma quando troppe voci intorno ti chiamano.
Era già bravo, questo è da dire. La frequentazione di una vita con due sorelle minori lo hanno reso esperto di capricci, risse, lacrime e risate.
La convivenza forzata gli ha insegnato la pazienza, l’antica arte della negoziazione e, come estrema ratio, quella delle mazzate.
Il primogenito per il secondo anno anziché animato è animatore dell’oratorio feriale, come un karma beffardo che ribalta le posizioni.
È paziente, allegro, disponibile e molto amato dai più piccoli.
Insomma, praticamente irriconoscibile.