Sono arrivati tutti puntuali, perché quando si ha voglia di cominciare qualcosa non si fa ritardo.
In una scuola elementare, dentro una stanza dai soffitti altissimi con gli affreschi.
Seduti in un grande cerchio, perché mica tutte le lezioni si fanno frontali e i cerchi danno sempre energia, anche quando non si fa niente.
Lei, la docente, minuta e sorridente, che a un primo sguardo sembrava coetanea della mezzana, si è rivelata essere competente e appassionata della materia.
Ci siamo presentati uno alla volta scoprendoci un gruppo assai eterogeneo, tra insegnanti, studenti, disoccupati, pensionati e genitori.
Con una cosa in comune. Il desiderio di conoscere qualcosa di più.
E visto che c’è bisogno di imparare per crescere, ho scelto di aggiungere un impegno alla mia già complessa economia di vita, un impegno che però fosse tutto per me.
Esclusa la Zumba, abbandonata l’idea del corso di cucina -anche se i miei figli ne sarebbero stati felici- ho deciso di dare seguito a un desiderio che avevo da tempo.
E così, il primo giorno di primavera, ho cominciato il corso LIS per imparare la lingua dei segni.
Dopo la prima ora di storia e cultura sorda
abbiamo spento le voci e provato questa diversa, potente e affascinante forma di comunicazione.
Il mio nome-segno, per riconoscermi tra gli altri, è boccolo, dall’iniziale del mio nome e i miei strambi capelli.
Piano piano, segno dopo segno, si impara.