Cara mezzana,
Che sarebbe stata un’impresa tosta l’avevamo intuito già nella nursery dell’ospedale, quando avvolta in una tutina troppo grande hai sollevato la testa, a poche ore dalla tua venuta al mondo.
E per i primi anni non ti sei smentita, un piccolo uragano nel mezzo del terremoto, impavida e temeraria, scatenata e irruente, impulsiva e poco ubbidiente. Esploratrice dove non dovevi, scalatrice di librerie e specializzata in evasioni dai lettini, capace di manomettere la caldaia di nonna in pochi, semplici gesti.
Sorda a richiami e consigli, hai sempre cercato di fare quello che la tua testolina riccia ti suggeriva.
Crescendo l’uragano s’e fatto brezza, il terremoto ridotto a qualche scossa di assestamento.
Lo sguardo un po’ beffardo sotto la frangia, rivolto al mondo, ha ceduto il passo a una fronte scoperta e due grandi occhi marroni attenti a osservare cose e persone intorno.
La grinta s’è scoperta un po’ più fragile e qualche sicurezza ha cominciato a sgretolarsi.
Oggi non ti arrampichi più e ti sudano le mani se devi battere la prima palla di una partita, ma hai imparato ad ascoltare qualche volta di più la mamma, a pensare prima di correre via e hai acceso la luce sul tuo futuro più prossimo.
In un pomeriggio di gennaio insolitamente soleggiato e caldo, seduta sullo sgabello giallo della cucina, dopo aver aiutato a preparare le lasagne per cena, hai compilato insieme a me l’iscrizione per la scuola superiore, il primo grande salto della tua vita.
Hai scelto la strada meno facile ma più stimolante, perché come ci diciamo sempre bisogna provare a salire sul gradino più alto, dove la vista è migliore.
Oggi non abbiamo buttato solo il cuore oltre l’ostacolo, ma anche il coraggio, la pazienza, lo zaino e il vocabolario di latino.
Adesso dai, saltiamo anche noi.