Quella volta che abbiamo aspettato sotto la pioggia, a sera tarda, gli harlem globetrotters che uscissero dal palazzetto, per farci autografare la maglia appena comprata di otto taglie più grandi, l’emozione di quei giganti buoni che gli stringono le mani.
Non se lo ricordano.
Un’alba su una spiaggia greca, con il cielo più rosa di un Barbapapà, la sabbia fresca sotto i piedi nudi e il vento caldo sulla faccia.
Non se la ricordano.
La nascita di un cucciolo di lince, vista in un parco faunistico su un’isola lontana, mentre papà lince stava di guardia attento.
Non se lo ricordano.
La visita alla cabina del pilota, il battesimo del volo e compleanno festeggiati in alta quota.
Non se lo ricordano.
Lo spettacolo di dinosauri dall’America, gli occhi sgranati sul gigantesco t-rex che fa il suo ingresso all’improvviso nel forum pieno di spettatori.
Non se lo ricordano.
Eppure tutte quelle emozioni sono lì, come il cemento tra i mattoni, la colla fra le piastrelle, la maionese nel panino.
Tengono insieme i ragazzi che sono e gli adulti che diventeranno.
Quelle emozioni sono lì appiccicate, tra la pancia e il cuore, nascoste alla memoria, tra le pieghe dell’anima, in uno sguardo curioso o in un ricordo improvviso, a dare forma e sostanza, ché siamo fatti di tutto quello che abbiamo fatto.