Dal fotografo
“Su dritto bene, coraggio! E cos’è quella faccia scura? Sorridi! No, non ho detto ridere, ma sorridere! È un documento, mica un selfie”
“Ma loro mi fanno ridere!”
“Silenzio, bagna le labbra e guarda me”
In comune, ufficio anagrafe
“Bene, tu sei la mezzana e sei nata nel 2005. Vediamo quanto eri alta l’ultima volta…un metro e trenta. E adesso…un metro e sessantaquattro. Accipicchia, sei cresciuta di trentaquattro centimetri! Cosa ti hanno dato da mangiare in questi anni?
Tu invece devi essere il grande, vediamo un po’. Tu invece…beh…tu crescerai! I maschi arrivano sempre dopo le femmine, vedrai, ahahahah”
Fare le boccacce al primogenito in ostaggio della fotografa, una signora di una certa età col piglio militare e il pugno di ferro.
Chiacchierare con l’impiegato dell’anagrafe, che qualcosa dovrà pur inventarsi per tenere alto il morale tra un certificato di nascita e una richiesta di residenza.
Osservare i due grandi ancora piccini in due vecchie foto tessere quadrate, con qualche dente di meno in bocca e centimetro sulla testa.
Guardarli oggi, immaginarli domani.
Sulla mia carta d’identità devo farlo aggiungere, che non sono ancora pronta.