Mio fratello e io condividevano la stanza. Lui dipinse baffi e corna col pennarello indelebile sul mio poster di Louis Miguel, primo amore mai dimenticato. Per vendetta raccontai alla mamma che l’enciclopedia degli insetti che lui teneva sull’ultimo ripiano della libreria conteneva in realtà l’opera omnia del fumetto pornografico.
Eravamo alle medie. Io in terza, mia sorella in prima. Un giorno mi vide fumare fuori da scuola con alcuni compagni. Era il mio primo tiro e mi aveva anche fatto schifo. Lei lo raccontò a mamma e papà durante il pranzo di natale, a parenti riuniti.
Ai miei fratelli maggiori non piaceva il mio fidanzatino dei sedici anni, colpevole di essere juventino e noi una famiglia di interisti. Un giorno, mentre mi stavo preparando per uscire con lui, furono loro ad aprirgli la porta e raccontargli che mi ero fidanzata con un altro. Non l’ho mai più rivisto, nonostante abbia cercato in ogni modo di spiegargli.
Mia sorella ha raccontato alla ragazza che mi piaceva e che invano provavo a conquistare, la più bella della scuola e per questo più invidiata, che ero gay.
Mio fratello minore ha passato i primi dieci anni della sua vita a darmi fastidio. Credo fosse una missione.
Le mie sorelle sono molto unite, così tanto che è come essere figlio unico senza una però una stanza propria ma l’eredità da dividere.
Mio fratello a cinque anni ha convinto la mamma a lasciargli spingere la carrozzina con me neonata dentro e ha cercato di lanciarmi giù per una discesa.
Mio fratello maggiore mi ha ripetuto per anni che io sono stato adottato. Per avvalorare la sua tesi mi ha anche donato una copertina lacera che a suo dire stava nella cesta in cui sono stato trovato.
Ogni volta che mi capita di conoscere delle fratrie cerco di farmi raccontare i loro rapporti.
Quando a casa mia scatta la lite, volano mazzate e parole grosse tra i tre consanguinei, io cerco conforto in queste storie.
E mi dico che in fondo, essere figlia unica non è stata la disgrazia che mi figuravo.