“Ciao, io sono Mattia. Ho cinque anni e la mia mamma che si chiama Concetta ne ha trentatré, come dice il dottore quando ti ascolta la schiena. Il papà Giuseppe adesso è a lavorare perché guida i camion che vanno lontano lontano lontano e torna il sabato pomeriggio. Io faccio nuoto ma mi fa schifo perché voglio andare a calcio ma la mamma adesso non mi lascia. Ma poi io ci vado e divento fortissimo. Mia sorella Lucia non gioca a niente perché ha quattordici anni e si colora le unghie mentre ascolta la musica sul cellulare e la mamma le grida di studiare che sennò la bocciano ancora. Anche la mamma si colora ma non le unghie,si fa i capelli gialli quando viene la zia Sabrina e le mette una specie di crema che puzza sulla testa, e tutti i capelli della mamma diventano gialli come i Simpson. Io li guardo a casa di mio cugino perché la mamma non vuole. Però mia nonna fa le polpette al sugo più buone di tutto il mondo e anche l’universo. Tu sei brava a fare le polpette?”
“Mattia? Ora basta per carità che devo pagare la spesa. Mi scusi signora, ha troppa fantasia il bambino”
Dice la signora alla cassa, coi capelli gialli e la tessera fedeltà del supermercato in mano.
Eh no, mia cara signora, altro che fantasia.
I figli sono un confessionale a cielo aperto, un grande fratello casalingo, dei portatori sani di vergogna. Sono la finestra lasciata aperta d’estate, la telefonata che non hai chiuso bene, lo spioncino della vicina. Il concetto di privacy gli è estraneo tanto quello di igiene personale a un adolescente. Bisogna imparare a vivere così, circospetti e con le spalle coperte, come un agente segreto.
Se ne faccia una ragione, è meglio.