Un sabato mattina finalmente di sole trascorso con una frizzante figlia mezzana nell’aula magna della scuola media. Genitori e ragazzi riuniti ad ascoltare pregi e difetti dei social network, vizi e virtù della rete, criticità e opportunità di una vita connessa. Questi incontri generano in me uno strisciante senso di inadeguatezza, un generale stato di fatica e l’inesorabile consapevolezza di essere vecchia pur avendo generato tre nativi digitali. Per i ragazzi un’occasione per conoscere un po’ meglio quella rete da cui tanto sono attratti, senza però ben comprendere la responsabilità che la accompagna. Per i genitori l’opportunità di aggiornare le proprie competenze pedagogiche in versione due punto zero. Eh già, perché non bastava il mondo reale a generare preoccupazioni e paure. Gli incontri, le brutte compagnie, le esperienze al limite. I genitori di oggi hanno l’onore e l’onere di presidiare anche un altro mondo, quello virtuale. E così, come non lasceresti entrare in casa uno sconosciuto, dovresti vigilare sulle amicizie virtuali dei tuoi figli. Così, come mai ti verrebbe in mente di lanciare da un aereo un milione di foto del tuo bambino, devi stare attento che non postino immagini troppo private o personali. Così, come non vorresti che tutti sapessero i fatti tuoi, devi controllare che whatsapp non diventi un gigantesco telefono senza fili.
Io, con una figlia aspirante youtuber, un figlio a un passo dalla dipendenza da Clash Royal e patito di Instagram, una piccola a cui è vietato ancora tutto ma non so per quanto, mi interrogo e tematizzo. Mi chiedo quale sia il giusto limite, perché non c’è educazione senza un limite. Io, che uso i social e fatico talvolta a comprenderne i meccanismi. Io, che mai potrò controllare, vagliare e verificare tutti gli accessi on line dei miei figli. Cosa che, onestamente, nemmeno ho voglia di fare. Il virtuale ha delle regole tanto quanto il reale, e forse l’unica via è insegnare il rispetto, di quelle regole. Nel liquido mondo della rete tanto quanto nella solida quotidianità. Perché educazione, rispetto, attenzione e garbo sono come il nero: vanno con tutto.
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