“…e poi ha detto che così non si può andare avanti, era arrabbiata nera”
“Ossignur”
“Che poi non aveva mica fatto niente, povero figlio. E quel gatto non piaceva neanche a me. Rosso, diabolico”
“Perché, cosa ha fatto al gatto?”
“Ma niente, cose da bambini, gigionerie! Lo ha solo appoggiato nella lavatrice per vederlo dall’oblò. Mica l’ha accesa, non sa ancora come si fa”
“Ossignur! E poi?”
“E poi niente, il gatto miagolava e mia nuora l’ha tirato fuori”
“Ah, tutto è bene quel che finisce bene”
“Magari fosse finita! Non hai ancora sentito la parte più grave!”
“Dimmi, dimmi”
“Adesso mia nuora lo vuole mandare dallo pissicologo. Ti rendi conto?”
“Ossignur! Solo per avere provato a lavare il gatto??”
“Ma chi lo sa. Lei dice che il bambino è agitato, morde i compagni all’asilo e non riesce a dormire di notte. E allora? Passerà! Anche mio figlio era così e adesso guarda che bell’ometto che è diventato. Se l’è pure sposato!”
“Ossignur queste madri di oggi. Noi mica ci inventavamo di portarli dal dottore per qualche marachella”
“Ma davvero Luigia. Che generazione”
“Sono due etti signora, lascio?”
Un dibattito sull’evoluzione della pedagogia negli ultimi quarant’anni, un bambino da aiutare e un gatto da mettere in salvo. Questo e molto altro in un mattino qualunque, tra un provolone e una mortadella, al banco della gastronomia del supermercato.