Avanzano insieme, uno a fianco all’altro. Lei bassa e arrotondata come due parentesi, gonna al ginocchio e camicetta con decori cachemire, scarpe basse comode e borsetta in tinta con la gonna. Ha i capelli cotonati e una spessa frangia bombata, tenuta ferma da generose spruzzate di lacca. L’insieme fa tanto primi anni ottanta, che probabilmente sono stati il periodo d’oro della vaporosa signora. A fianco a lei un giovane uomo, con il viso simile ma più spigoloso e coperto da un velo di barba. Spinge stancamente con una mano un enorme carrello fuori dalle porte automatiche del supermercato, mentre con l’altra regge un cellulare. All’improvviso un grido, di dolore, seguito da un altro, di esultanza.
“Roberto! Ma sei matto? Mi sei passato col carrello sul piede! Oh cielo che dolore all’alluce valgo”
“Mamma mamma non puoi capire. C’è Zapdos! È rarissimo! Vedi? È proprio tra il cestino e la Punto grigia. Devo catturarlo”
“No, non vedo niente e mi pari scemo. Investi tua madre per guardare un telefono. Dove ho sbagliato?”
“Mamma, ci gioca anche Riccardo”
“Che ha dieci anni. Tu ne hai trenta, Roberto, trenta. Dovresti star fuori a cercar lavoro, altro che Pokemon”
“Eccolo! Ce l’ho fatta!”
“E io che mi preoccupavo della droga”
Niente. Non ci sono più le preoccupazioni di una volta.