“Mamma, sai che sono soddisfatta? Ho avuto proprio un’infanzia felice.”
“Piccola, hai sette anni santo cielo. Ce l’hai ancora, un’infanzia”
“Ah, davvero? Pensavo che in seconda elementare si fosse grandi. E mia sorella invece?”
“Tua sorella è ancora piccola, nonostante sia alta come me e si metta i miei vestiti. Le scarpe non può, perché mi ha già superato col numero”
“Per forza mamma, tu ha il piede di uno gnomo”
“Di Cenerentola, prego. Una che col piede piccolo è andata a vivere in un castello”
“Ma tu dici sempre che il principe azzurro non esiste e che bisogna svegliarsi da sole e che..”
“Va bene va bene basta. Mi domando da chi tu abbia preso questa lingua”
“Mio fratello invece non è più nell’infanzia, vero? È passato di livello ed è diventato un preadolescente puzzolone”
“Tuo fratello è in bilico, con un piede dentro l’infanzia e uno nell’adolescenza. Per questo è così difficile: deve tenersi in equilibrio”
“Io gli darei una spinta, così non ne parliamo più. E tu invece mamma?”
“Amore, io sono grande, altrimenti non potei fare la mamma”
“Ah, ho capito. Ti hanno buttato fuori dall’infanzia, giusto?”
“Mamma? Perché mi guardi così? Non aggrottare la fronte che sennò ti conto le rughe e ti arrabbi. Sai che sei bellissima? In generale, intendo, non ora, eh”
Se un neo genitore mi chiedesse un consiglio, uno solo, per allevare il proprio figlio, risponderei così. Autostima. Così tanta da doverne mettere via un po’, come la legna per l’inverno. Perché ne servirà in abbondanza e non sarà mai abbastanza.