Il venerdì pomeriggio, ogni tre settimane, è mio il turno andata e ritorno del gruppo catechismo della quinta elementare. Tre bambine, a volte quattro, cinque con la piccola che non c’entra ma accompagna. Punto di ritrovo un supermercato ormai chiuso, equidistante dalle abitazioni di tutte.
Una dopo l’altra le giovani fanciulle arrivano, la cartelletta in una mano, l’altra alzata al cielo come saluto per la mamma, che le osserva da lontano. Sono troppo grandi per essere accompagnate e troppo piccole per essere lasciate sole.
È il periodo dei saluti a distanza, degli sguardi che seguono, del rientro a casa con le braccia conserte e il pensiero che si, magari la prossima volta può arrivare fin qui da sola.
È il tempo delle contraddizioni, di un corpo quasi grande ma un pensiero ancora bambino, che ti fa ascoltare la musica da adolescenti e guardare i cartoni animati quando nessuno ti vede. Loro sono allegre e sorridenti, lontane ancora per poco da malumori e montagne russe.
Qualcuna è già alta come la sua mamma, altre no ma si incomincia a indovinare le donne che saranno, come uno schizzo a matita prima del colore di un quadro. Gli elastici colorati nei capelli, orecchini luminosi ai lobi.
I capelli lunghi, le parole in codice, i gesti aggraziati. Le piccole imperfezioni della pelle, primo segnale di una infanzia che sta per terminare. Le parole, tante, continue, diverse.
“Senti che bella canzone questa!”
“Ha vinto Sanremo. Giovani proposte. L’ha scritta un tizio che abita qui”
“Si, e andava a scuola con mio zio”
“E noi ora l’ascoltiamo. Tutto torna”
“Già. È come un cerchio. Nella vita tutto torna”
La filosofia è femmina, pure se va in quinta elementare.
Si incomincia a indovinare le donne che saranno, come uno schizzo a matita prima del colore di un quadro…che bella immagine! E’ bello leggerti, scopro uno stile fresco, pensieri e scritti che emanano un buon profumo 🙂
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Le tue parole sono belle, grazie!
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