
Cara Ado,
-il cara è puro formalismo- è da un po’ che non ci parliamo. Non perché tu non sia presente, chiaro. Difficile dimenticarsi della tua ingombrante esistenza.
Ti sei presa senza ritegno alcuno il primogenito, un ragazzino adorabile che si è trasformato poco alla volta in un contestatore nato, che si oppone con forza ai poteri forti, le istituzioni, la cottura degli spaghetti a undici minuti. Ogni argomento è buono per alzare scudi e lamenti e, in ultimo, colpevolizzare me, sua madre.
Hai adescato la mezzana con lusinghe di bellezza ed eterna giovinezza, tanto che ora passa le giornate tra Skin routine, daily routine, make up estremi e critiche feroci all’ultimo mascara L’Oreal che non allunga le ciglia quanto dovrebbe.
Il tutto nel tempo che dovrebbe altresì essere dedicato allo studio, ma sembra ormai evidente che a te, cara Ado, la scuola non interessi neanche un po’.
Te li ho lasciati, questi figli, seppure a malincuore.
Ma questa volta non ci avrai.
Ti vedo, che infida ti stai insinuando.
La mattina spalanco le braccia per coccolarla e lei mi passa accanto impassibile. Si veste solo di nero e ha preso residenza in camera sua, al civico del suo piano di sotto del letto a castello. Risponde a monosillabi e con evidente fastidio quando provo a dialogare con lei.
Mi guarda con disprezzo mentre ballo per casa facendo le pulizie.
Lo sguardo truce, chiede di essere lasciata in pace e compare gioiosa solo alle parole “a tavola!”
Insomma, adolescenza.
Fatti bastare quello che hai, e lascia la mia piccola.
Piuttosto, prendi me.