
E’ cominciata nel periodo più buio dello scorso anno, dove era primavera solo fuori mentre tutti noi eravamo dentro.
Con una notifica sul telefono, una fra tante, una come tante.
La richiesta di amicizia su instagram. L’iniziale titubanza –ma questo chi sarà- e una decisione di quelle che sono come il battito di ali di una farfalla che provoca un tifone in un’altra parte di mondo. Da lì il primo messaggio, non su una chat ma scritto a penna, su un foglio di carta –ti ho vista qualche mese fa a una mostra, mi ricordo di te-fotografato e spedito. La prima risposta, anch’essa su post it, fotografato e inviato. Un modo antico di vivere la tecnologia, o moderno di usare la tradizione. Un messaggio dopo l’altro, dalla carta al virtuale, chi sono io, chi sei tu.
Una mattina una nuova immagine, il solito foglietto fotografato –posso venire da te? Vorrei vederti.
L’iniziale titubanza –e se fosse un pazzo?- e una decisione che si è rivelata quella migliore.
Lui che sfida il dpcm con l’alibi della professione, lei che sfida il buon senso e le paure e lo aspetta. Poi le prime aperture, e a far finta di essere congiunti si finisce per essere congiunti per davvero.
Da quel giorno non si sono più lasciati, e lei ce lo ha raccontato ieri sera, davanti a un piatto di lasagne, sottovoce ma con gli occhi che le brillavano e piccola e mezzana che esultavano.
Lei è a nostra Charlot, ex baby sitter e ora, volente o nolente, parte della nostra strampalata famiglia.
E noi, sarà l’età, la pandemia o la lasagna, ma ci siamo sciolte di commozione.