
Avrei voluto proteggervi sempre, dalle paure delle ipocondrie come diceva Battiato, dalle cadute e gli scivoloni, dalle ansie e dai dolori.
Ho imparato che non posso tenere la vostra mano nella mia per tanto, come quando da piccini camminavate sul muretto in equilibrio,simili a piccoli ginnasti sulla trave, scendendo con un salto altissimo che guardami mamma come sono stata brava.
Ho capito che non ci sono bacetti, cerotti o fasciature quando le sbucciature sono sull’anima.
Ho appreso che non si può evitare di cadere, ma che si può imparare come, mettendo le mani per non picchiare la faccia, tenendo il coraggio davanti per non ferire troppo il cuore.
Ho scoperto che non c’è prevenzione alle bordate della vita, che una placida navigazione può diventare impervia, che una giornata bellissima può diventare tragica, mutando svelta come il tempo in montagna.
Ho pensato che posso essere rifugio, quando piove troppo forte e non avete l’ombrello.
Che nel crescervi vi regalo strumenti, li appoggio sul tavolo, ché possano essere pronti se servono.
Che forse troppe protezioni tanto bene non fanno, che le rotelle si tolgono, che le reti attutiscono un colpo ma a volte ci fanno rimanere impigliati.
E allora diventiamo bravi a cadere, ché i lividi sfumano, le ferite rimarginano e se ti volti a guardare potrai vedere quante volte siamo riusciti a rialzarci.