La piccola ha ammirato col naso all’insù la maestosità dei soffitti e la vista da sogno dalle finestre, ha giocato a nascondino coi pavoni tra le statue di un giardino perfetto, cercando di convincere prima e ordinando poi all’ignaro e nobile pennuto di fare la ruota per lei.
La mezzana ha preso il sole in barca, sulle panchine del lungolago, alla caffetteria mentre sorseggiava un frappé costato come un volo low cost per Siviglia solo andata.
Il grande ha incollato la faccia allo smartphone, catturando Pokemon acquatici e gridando vittoria nel salone degli arazzi per il ritrovamento del temibile Dratini. I turisti tedeschi accanto a noi devono avere trovato esemplare tanto amore per la cultura in così giovane età.
Tutti e quattro abbiamo mangiato appollaiati sugli scogli un panino e uno soltanto, essendoci accorti troppo tardi che la piccola ha sfamato orde di uccellini con il resto del pranzo al sacco.
Tre dei quattro hanno fatto il bagno nelle chiare e dolci acque, rigorosamente in mutande ché il costume non era stato preventivato, e son rientrati solo dopo essersi asciugati al sole.
Su è un giù da un battello, dentro e fuori da un palazzo, qui e là per le stradine di un borgo.
L’estate è un tempo lungo, è un orologio che perde le lancette e misura le ore in luci e ombre. Può essere lunga come un per sempre o come un secondo, come direbbe il Bianconiglio ad Alice.