Emerge da una mattina di scuola con il berretto storto, la coda disfatta e le briciole di cracker sul naso. Ha le mani più variopinte di Klimt dopo l’ultima pennellata del celebre bacio. Il grembiule nero è ordinatamente appallottolato sul fondo dello zaino, tra gli avanzi della merenda. Risplende di un sorriso felice, che scopre due incisivi a rischio apparecchio. La sua voce è ancora il cinguettio di un passerotto, che nei momenti bui si trasforma nello strillo di un’aquila.
“Mamma, ho pensato. Sai che la stessa parola può avere significati diversi? Per esempio, concentrati sul sì e il no”
“Concentrata”
“Si potrebbe pensare che sì è bello e no è brutto, giusto?”
“Gius..”
“Non mi interrompere. Dicevo. Non sono belli o brutti in assoluto. Dipende dalla domanda che arriva prima, sai?”
“Ma tu sei sicura di avere solo sette anni? No, perché io comincio a credere nella reincarnazione”
“Non cambiare argomento. Per esempio. Prova a chiedermi se ho compiti per domani”
“Hai compiti per domani, piccola?”
“No! Visto?? Questo è un no bello come un sì, perché fa dire una cosa stupenda”
“In effetti..”
“Aspetta! Rispondi a questa domanda. Mio fratello è a casa?”
“Sì, ma non capisco cosa..”
“Vedi? Questo sì è come un no, perché a casa lui mi darà il tormento, io mi arrabbierò e tu ci sgriderai. Sembriamo un episodio dei telefilm”
“Veramente quando litigate e partono le mazzate io mi sento più in un film horror”
“Comunque, parliamo di cose serie. Cosa si mangia a pranzo?”
Chiede con quella delizia di sorriso che si ritrova, che mi strega e mi ammalia. E non sa che, quel faccino rotondo con l’espressione furba a metà strada tra l’elfo e la fatina, Trilly e Malefica, Biancaneve e Pippi calzelunghe me lo mangerei io, ma di baci.