
Le tragedie non fanno rumore, al massimo il “ding” secco dell’arrivo di un messaggio.
È Ats, e io avrei preferito equitalia.
Poche righe per informarmi della quarantena della piccola.
Piccola che, naturalmente, è a scuola, come ogni mattina che il signore manda in terra oltre la Dad.
Una quarantena per contatto con positivo ignoto, che ti costringe a fare il tenente Colombo per capire chi sia stato l’untore.
Ormai rassegnata al peggio, scarico quindi la documentazione e scopro che la quarantena è cominciata ufficialmente il dodici gennaio, peccato che venga comunicata oggi, il diciannove.
Bene, allora è già finita, perché lei è nella categoria cinque giorni di auto vigilanza, ffp2 anche in presenza del gatto, gargarismi con il disinfettante. Eh no, troppo facile, ci vuole il tampone di fine quarantena.
E ottenere un tampone oggi è come trovare un porcino a luglio in un campo di grano, vedere la mezzana studiare il sabato pomeriggio o l’armadio del primogenito ordinato. Un’utopia, insomma.
Ma il terrore di averla ancora a casa in Dad mi rende indomita, e così dopo centordici chiamate, ennemila minuti in attesa con squallide musichette, trovo un tampone per il pomeriggio.
Un tampone che si rivela negativo.
Neanche il tempo di stappare la migliore delle bottiglie per festeggiare lo scampato pericolo, ed ecco un altro ferale “ding!”
È il gruppo classe: troppi positivi, da domani tutti in Dad.
Addio
Ay, ay, ay! Come stai ora? Sei sopravvissuta?
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Anzi: siete sopravvissuti?
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